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Questo inverno ha davvero senso tenere aperti i circoli tennis?

Non fermatevi alla domanda del titolo, volutamente provocatoria e parecchio dolorosa: a nessuno di noi appassionati e giocatori passerebbe in mente, nemmeno per l’anticamera del cervello, una scenario del genere, con i circoli tennis chiusi non soltanto per decreto ministeriale ma per necessità. Tuttavia la problematica esiste, e non possiamo nasconderci dietro ad un dito.
Gli ultimi Decreti Ministeriali, oltre a sancire la chiusura dei centri sportivi nelle zone rosse, hanno imposto anche nelle zone gialle grandi limitazioni che vanno ad incidere sull’attività tennistica e sul lavoro dei circoli e degli insegnanti, già in grande difficoltà dopo il lockdown primaverile. Il divieto rivolto ai non agonisti di giocare all’interno dei palloni rappresenta una bella mazzata al movimento tennistico. Una limitazione che nei prossimi giorni potrebbe diventare ancora più stringente: se il CONI dovesse rivedere i principi relativi agli “atleti di interesse nazionale” stabiliti dalla FIT, che hanno permesso a tutti i giocatori con tessera agonistica di utilizzare i campi indoor, la possibilità di giocare a tennis al coperto potrebbe rimanere valida solo per un’élite limitatissima di praticanti. Da Roma in giù, grazie al clima più favorevole, si può ipotizzare di svolgere l’attività nei campi all’aperto, ma nel centro-nord Italia  questo è praticamente impossibile da novembre a marzo. Si aggiunga poi il divieto di utilizzare gli spogliatoi, già imposto in estate: se durante la stagione calda il problema era marginale, con meno di dieci gradi la situazione è assai più complessa da gestire, con molti giocatori che abitano lontani dal proprio circolo oppure non hanno tempo di fare la doccia a casa durante la pausa pranzo. In questa sede non vogliamo giudicare la correttezza o meno del provvedimento preso, ma è indubbio che esso rappresenti l’ennesimo problema da risolvere per i gestori.
Premesso tutto ciò, quale scenario si apre per i tennis club nei prossimi mesi? In Inverno i circoli hanno spese di gestione elevatissime: costi di luce, di riscaldamento, ma anche costi vivi per tenere su i palloni pressostatici, senza parlare di eventuali mutui o finanziamenti da estinguere. Soltanto tenere in piedi un pallone costa di generatore all’incirca tra le 600 e le 800 euro al mese. Un centro sportivo con tre palloni, per esempio, spende 2.000/2.500 euro al mese per consentire l’accesso alle strutture indoor: ma se nessuno ci gioca, oppure il diritto di farlo è riservato a pochissimi giocatori, come potrà recuperare le spese? A fronte di tutte le spese di utenze e manutenzione le entrate saranno al minimo, tra giocatori di tennis dimezzati e incassi di bar e ristoranti azzerati. Per i centri sportivi, già economicamente in difficoltà da marzo, è durissima sopravvivere così…
Una possibile azione da intraprendere è quella di togliere i palloni e avere a disposizione unicamente campi all’aperto. Una scelta decisamente azzardata, che tuttavia permetterebbe di risparmiare sulle spese fisse e di recuperare una parte di introiti tra scuola tennis e ore private. Ma a dicembre e gennaio, se il clima dovesse essere molto rigido, quanti utenti saranno veramente disposti a giocare all’aperto? E se il “semaforo” delle aree a rischio cambiasse colore (per esempio se una Regione passasse da gialla a rossa) la decisione presa sarebbe totalmente inutile. Per non parlare dei circoli tennis situati in zona rossa (ad esempio i circoli piemontesi e lombardi), che adesso si ritrovano chiusi per decreto e non sanno se e quando potranno riaprire.
Al netto di tutte queste problematiche, c’è il rischio che le associazioni sportive si trovino di fronte ad una decisione definitiva: tenere aperto nonostante le difficoltà, oppure chiudere i circoli. Nessuno osa neppure immaginare uno scenario simile, che suonerebbe come una condanna definitiva. Tuttavia i principi economici alla base della gestione dei centri sportivi sono molto simili a quelli di qualsiasi altra realtà commerciale: se un’attività per lungo tempo produce più perdite che utili, va in fallimento ed è destinata alla chiusura. Uno scenario del genere avrebbe effetti devastanti a livello sociale, per la comunità che si priverebbe di punti di aggregazione e di tutela della salute fondamentali, economici e lavorativi, per i tantissimi collaboratori coinvolti che si ritroverebbero senza lavoro e con pochissime tutele. Ci auguriamo che nessun centro sportivo venga posto di fronte al dilemma definitivo. Affinché questo non accada mai, è necessario che le istituzioni inizino seriamente a stanziare aiuti concreti nei confronti del mondo dello sport, dilaniato da una crisi senza precedenti. Qualcosa è stato fatto, ma non è sufficiente per salvare la vita allo sport dilettantistico.

Alessio Laganà

4 Commenti
  1. Fabio

    Arrivati a questo punto, l’unica soluzione è quella di togliere i palloni pressostatici e incrociare le dita, sperando che la “nostra” Toscana rimanga zona gialla e che le restrizioni non si facciano più gravi.
    Quello che trovo poco coerente è vietare l’utilizzo delle strutture fisse che, se correttamente aperte dai lati, permettono un notevole ricambio d’aria, considerato anche il numero di giocatori che possono essere 2 o al massimo 4, anche se, con un po’ di buon senso, i doppi si sarebbero potuti evitare.
    Del resto la situazione è veramente grave, forse molto più di quello che appare, se si pensa che gli ospedali sono vicini a non ricevere più persone con una qualsivoglia patologia…

    Novembre 6, 2020 at 12:55 pm - Rispondi
  2. Lorenzo

    Complimenti per l’articolo. Aggiungerei come dice Fabio la totale incomprensibilità della chiusura dei palloni presso e tensostatici quando esistono fior di tecnici che garantiscano che tra aperto ed interno le condizioni sono praticamente le stesse. Chi saranno i “tecnici” che decretano la chiusura mistero

    Novembre 6, 2020 at 3:51 pm - Rispondi
  3. Paolo

    Trovo assurdo il DPCM e l’interpretazione del CONI se fosse preso un provvedimento più restrittivo di quello annunciato da CONTE. Negli sport “sicuri” dove si mantiene la distanza di sicurezza ci rientra il tennis e non si possono aggravare le condizioni delle aziende solo perchè vengono trastullate le norme attinenti allo sport.
    Non esistono sport senza contatto come il tennis a parte il tamburello ed il golf e in questo contesto sociale/sanitario non capisco se è piu grave un bus scolastico affollato e una classe con le rotelle di 15 bambini in 28 mq o una partita di doppio fatta in 400 mq.
    Siete voi giornalisti e soprattutto cronisti che dovete documentare i circoli che subiscono il potere della federazione sulla propria pelle senza opporre nessuna resistenza.
    Abbiamo uno strano senso di libertà in questi casi dove la logica si perde fra le sedie di potere.
    Fate e dite qualcosa.

    Novembre 6, 2020 at 6:08 pm - Rispondi
    • Redazione GTT

      Ci sentiamo di dire che siamo tra i pochissimi giornali in Italia a dare voce al movimento tennistico di base, ai circoli tennis e a quanto sta succedendo…
      Testate sportive molto più importanti di noi dovrebbero fare altrettanto!

      Novembre 6, 2020 at 6:58 pm - Rispondi

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